11 aprile 2011

10.04.2010 MILANO CITY MARATHON RELAY di L. Amisano

L’onda, un mare di bene
Devo riprendere le parole che ho scritto tra le mie note di Facebook:” Ma se due anni fa non sapevo neppure quando si corresse... anzi, sapevo che si correva a novembre, perché avevo incrociato una ragazza che si allenava per la maratona di Milano, ed era inverno, e mancavano 3 settimane...
Ma se un anno fa l'ho fatta senza capire bene di cosa si trattasse, un po' a rimorchio, come si dice, guidata da altri, a fare cose, ad andare in posti, a ritirare buste, a consegnare pacchi gara, a conoscere persone nuove, sfidando la mia natura...
Ma se fino a gennaio ancora non era in movimento, nel mio piccolo universo, questa cosa che si chiama Milano City Marathon
Perché adesso mi sembra che non ci sia altro nella mia vita?
Perché adesso trascorro il tempo a organizzare, telefonare, scrivere, spuntare, prendere numeri di telefono, e-mail, misure di magliette...
Perché penso che se non vado all'ennesimo aperitivo benefico mi perdo l'evento clou ? E se non incontro gli amici che corrono, mi manca un pezzo importante di me...
Perché mi sembra che la vita di tutti i giorni sia una noia totale se non c'è almeno un villaggio maratona da infestare con la mia presenza?
Perché ieri ogni volta che entravamo di nuovo da quella porta nel caldo del tendone mi sembrava di entrare nel paese dei balocchi?
Perché ieri ho passato una delle giornate più faticose e divertenti degli ultimi mesi? E oggi in ufficio avrei ucciso pur di poter di nuovo andare a giringirare in mezzo a podisti, giornalisti, fancazzisti, volontari, militari, marziani vari...
Ma perché???
Io lo so perché...
Perché la mia vita è cambiata e io con lei, e ora io so quale sia il mio posto. Ovunque sarà, potrebbe essere in Cina, ci sarà un villaggio sportivo, ci saranno cremine, scarpette, completini variopinti, integratori, bevande, gel schifosi e polveri magiche. Ovunque sarà, se ci sarà da sudare, io sarò lì a sorridere, ed essere una me stessa che prima non ero.
E ovunque sarà, ci saranno eventi, aperitivi, cene, e io sarò lì, con i miei improbabili tacchi alti, a farmi venire vesciche che la corsa romperà dolorosamente, e di cui non mi importerà nulla, perché mi importa di più di stare lì, in mezzo a persone che, come me, amano stare lì... in mezzo al mondo della corsa...
E ancora non ho cominciato a parlare di quanto mi piaccia darmi da fare come una biglia impazzita per i progetti charity, per coinvolgere le persone, per raccogliere fondi, per fare del mio tempo un tempo utile, e di me stessa la persona che mi piace essere.
Ecco... Io prima non lo sapevo, adesso lo sapete anche voi...
Devo riprendere queste parole che sono il prima, per poter lasciare uscire tutto ciò che è il dopo. La Maratona di Milano non è stata questione di un giorno, la MCM è lo svilupparsi lungo più di una settimana di emozioni, avvenimenti, incontri. Tutto si carica, tutto si gonfia, come il mare spinto dal vento, in un’onda che si sposta con forza, fino ad infrangersi fragorosa e splendida, in uno scintillio di schiuma bianca. Sono prima di ogni altra cosa una che corre da poco, che corre piano, che corre per passione. La passione non è tanto per la corsa in sé, ma per l’amore che sta dentro la corsa. Questo mi viene dal mio essere, prima di ogni altra cosa, una Podista da Marte, una dello zoccolo duro, una di quei cento che Fabrizio Cosi cita ogni tanto, per definire il gruppo di Podisti da Marte che si muovono all’unisono. come tutte le gocce riunite di un mare tumultuoso, a formare questa grande onda.
L’onda che invade, e copre, ma invece di portare distruzione, porta ricchezza interiore, porta amore e porta bene.
Quest’anno la Maratona di Milano ha potuto contare un numero incredibile di staffette, più di mille a ogni cambio, più di cinquemila cuori, un terzo dei quali riuniti e organizzati dai Podisti da Marte. Così mi sono trovata anche io, ieri mattina, cuore tra i cuori, goccia tra le gocce, a vivere questo evento immenso, che non è la Maratona in sé, ma che è il compimento di settimane di lavoro certosino, di innumerevoli telefonate, e-mail, file scambiati, aperitivi, cene e conferenze stampa, fotografie, incazzature e sorrisi.
In una giornata addirittura stregata dal caldo, abbacinata da un sole che da una settimana non molla e rende tutto estivo, quasi fossimo a luglio, siamo tutti lì, in canotta e calzoncini, cappellini delle Onlus, magliettine con scritte che ricordano che corriamo “per” qualcuno, “con” qualcuno; tutti lì, ad attendere il passaggio della grande onda.
Vado al primo cambio, per salutare gli amici, in piazzale Lotto, prima siamo due, poi tre, scattiamo foto, poi quattro, altra foto, sembra che balliamo l’halli galli, arrivano, arrivano senza sosta, escono dalla metropolitana, la piazza è l’estuario di un fiume; si muove questa onda, coloratissima, festosa, piena di bene, piena di vita.
Poi mi sposto in Viale Papiniano, Km 35 della maratona, calcoliamo con Paola che fra poco arriveranno i primi ragazzi d’Africa, quelli veloci, quelli che avevo visto scaldarsi alla Fiera, alle 8.00 quando ho fatto un velocissimo giro per accompagnare un’amica, Giuliana, staffettista marziana. Ridiamo, balliamo, la musica, la voce della speaker, di nuovo l’halli galli, di nuovo siamo tre, poi quattro, poi cinque, di nuovo le foto, i sorrisi, l’onda di emozioni. Le lacrime di Paola quando passa un maratoneta sulla sua Hand Bike, l’abbraccio forte, le mie di lacrime restano dentro di me, ma l’onda si muove, dentro di me.
Fuori dal mio corpo c’è solo il caldo, il sole, la gente, la corsa. È mezzogiorno. Ci sgoliamo per incitare i maratoneti, finiremo senza voce. Ci spelliamo le mani ad applaudire i ragazzi e le ragazze bellissimi che passano tra due ali di “staffette”. Penso alle staffette con un orgoglio immenso, penso a loro che stanno arrivando, penso a noi che dobbiamo partire. Sono tronfia come un tacchino d’orgoglio, per loro che sono come me, che sono lì con le loro scritte: Fondazione… Onlus, strane sigle, nomi allegri, che dicono solo una cosa: io corro “per” e “con” qualcuno che forse è meno fortunato, ma che oggi insieme a noi, corre veloce, con le nostre gambe, con i nostri cuori, cavalca questa grande onda di bene.
Ho visto passare amici, maratoneti, alcuni col sorriso, coperti di sudore e dell’acqua di una pompa che è stata attivata per dare sollievo, alcuni scuotono il capo, sentendosi vinti, alcuni camminano, con gli occhi mogi… alcuni sorridono quando ci mettiamo ad urlare per loro, altri hanno gli occhi cerchiati di viola scuro, per la fatica disumana. Penso :”Non sentirti triste, sei arrivato fino qui, al km 35, con questo caldo che abbatterebbe un bufalo, e tu invece te la sei fatta di corsa! Tieni duro amico, tieni duro!”.
Le staffette che arrivano hanno la faccia contenta di chi ha portato a termine qualcosa, cedono il braccialetto del testimone, incitano il compagno. Le staffetta che partono lo fanno a razzo, “a tuono” come dice Luca. Matteo come una furia sospinge Paola, che finalmente fa parte anche lei dell’onda. Arriva la mamma di Simona, con il grande Nick. A noi si sono uniti altri marziani, c’è Ivano, con la bandiera attaccata al corpo, fa parte di lui, c’è Claudia “la Popi” Antonella, Monica coperte dall’Abbraccio, Giuliano, fradicio di arancione SMArathon, Ecco Marco, col cappellino di Borgonovo, che felice mi abbraccia, mi copro di sudore, il suo, e lo bacio e lo stringo, il mio amico. Mi dice che fra poco arriverà la mia bandiera, portata dal “mio” Giuseppe. Ed eccolo lì, il mio Macis! Che si ferma e affranto mi dice che gli devo slacciare il braccialetto, perché glielo hanno annodato. Tranquillo, io non corro per vincere nulla, io ho già vinto tutto, solo perché son qui.
Ci mettiamo in tre a disfare quel nodo di velcro, e infine, col cuore che batte come fosse già la fine della corsa, parto, con le alucce ai piedi… ecco altri marziani, che gridano il mio nome, che incitano la bandiera passata nella mia mano destra. Marco e Giuseppe mi affiancano, generosi, per arrivare con me al traguardo. Io non ho un passo che regga il caldo, quindi vado piano, tengo un’andatura salvavita. Ma 7km sono pochi. Si unisce a noi Claudio, e via verso la meta.
L’amico fotografo, il grande Andò, scatta lo scattabile, Marco, con gli occhialini da James Bond, filma il filmabile. Incrociamo il popolo arancio di SMarathon, la Popi, Lupo de Lupis, cioè Luca de Luca, papà di Rebecca. Il Castello Sforzesco è in vista. A meno due km l’acqua ci ristora, ma se sono assetata io dopo cinque, come dovranno sentirsi quelli che hanno percorso questi 39 km?
L’onda si muove verso il traguardo, io sono l’onda, noi siamo gocce di un oceano. La scritta Finish fa di me “l’alfiere fiero e tronfio”, allungo il passo, alzo la bandiera sopra la testa perché si veda bene chi siamo, perché corriamo. So che dietro c’è Fabrizio, con Nick e Simona con il gruppo dell’Abbraccio. Sono così felice!
E poi saranno foto, sorrisi, abbracci sudati, lacrime trattenute, bandiere che sventolano, cuori che battono, gente che continua ad arrivare, occhi stanchi, quelli del Capitano, quelli di noi tutti e così pieni di umanità, di bene. Tutto il bene del mondo, in quest’onda.
Laura Amisano

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