“Ci sono due
specie di persone. Ci sono quelli che vivono, giocano e muoiono. E ci sono
quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della vita. Ci sono gli attori.
E ci sono i funamboli” (M. Fermine, Neve)
Inizio la mia breve cronaca con due doverosi ringraziamenti:
il primo va a Giove Pluvio che, dopo averci manifestato tutta la
sua potenza, ha accolto le nostre umili
suppliche e ci ha risparmiati,
regalandoci pure una splendida giornata di sole.
Il secondo è tributato agli
organizzatori della 42a Baceno Devero
Crampiolo, che hanno accolto le nostre umili suppliche e ci hanno risparmiato
il lungo nastro di strada
asfaltata aperta al traffico delle precedenti edizioni, regalandoci pure una nuova e gradevole variante nella prima parte del tracciato.
asfaltata aperta al traffico delle precedenti edizioni, regalandoci pure una nuova e gradevole variante nella prima parte del tracciato.
Quest’anno si parte dal campo
sportivo di Baceno; atmosfera festosa, chiassosa, colorata. Siamo numerosi (422 iscritti), buon segno, nonostante
la data, nonostante le previsioni meteo, nonostante la crisi....nonostante
tutto!
Start, come da copione, alle ore
9. Parto lento, ho deciso di impostare la gara come Progetto Riabilitativo Individuale,
per la prima volta senza “ginocchio bionico” e senza velleità agonistiche
(?)...e di questo chiedo scusa alla mia Società.
Primo tratto “cittadino” reso gradevole,
nonostante la salita, dagli incoraggiamenti del pubblico. Si ridiscende
nuovamente verso il campo sportivo e poi...via sui sentieri!
Bella davvero, ancorché
impegnativa, questa parte, immersa nella natura e resa “tecnica” da continui
saliscendi, rocce e radici affioranti; divertente il passaggio sul torrente,
saltellando sui “funghi” di pietra, con un po’ di inquietudine: ce ne sarà uno
mobile in stile “paperissima”?
Incrocio Lorena, attardata dai
postumi di un recente infortunio: difatti arriverà “solo” terza; risultato in ogni caso
notevole...considerato che ha corso praticamente con una gamba sola!
Raggiungo il ristoro dei
Cappuccini, accompagnato dalle immeritate benedizioni dei frati e delle suore
del villaggio “Treno dei Bimbi” di Osso. Adesso fino a Goglio mi aspetta la
“vecchia” strada asfaltata; sto rispettando la mia “tabella”, continuando così
potrei chiudere abbondantemente sotto le due ore. In questo tratto non ci sono
difficoltà e la pendenza non è impossibile.
Però qualcosa all’improvviso si
rompe...e non è il ginocchio malandato. Praticamente “implodo”: un attimo prima
correvo con il sorriso a fior di labbra, un attimo dopo mi ritrovo a camminare
lentamente in preda ad una profonda depressione: è la sensazione improvvisa di
correre da “solo”, di compiere uno sforzo inutile e assurdo, la spiacevole consapevolezza di avere spesso
“rubato” del tempo a chi mi ha voluto e mi vuole bene...solo per l’illusione di
un allenamento in più, di un’altra corsa, magari in luoghi lontani.
Mi ridestano fortunatamente le
voci di altri coetanei tapascioni che commentano le nostre modeste prestazioni confrontate
con quella di una ragazza che ci supera allegramente con l’andatura “che ogni
mattina le permette di prendere il treno”;
così riesco ad arrivare al ristoro di Goglio; affronto quindi la “mulattiera dei tubi” che oggi
mi sembra però meno ripida dell’anno precedente; intanto penso...penso a chi mi
sta aspettando ed a mio figlio Francesco, anche lui in gara. Invece di
fiaccarmi la salita mi carica; scollino e riprendo la corsa; attraverso la
piana del Devero spronato dagli incitamenti della mia personale “claque” ed
affronto la salita per Crampiolo; solo ancora una piccola defaillance prima
dell’ultima discesa, prontamente
superata grazie all’incoraggiamento (?) dell’onnipresente Capasso (“..guarda
che oggi gli ultimi non li premiano!”). Taglio finalmente il traguardo in
2:03:27...nonostante tutto.
E’ tempo di ridiscendere per
andare incontro a Francesco ed accompagnarlo di corsa all’arrivo (...e chi ce
la fa più!).
E’ tempo di pranzo, riposo e
premiazioni; mi commuove quella delle giovani promesse...di questo sport e della
futura gara...la vita.
E’ tempo riflessioni estive:
possiamo correre ogni giorno, possiamo affrontare “ultra” di centinaia di
chilometri, soli con noi stessi, con lo sforzo che magnificherà la nostra vita
e costruirà la nostra personale “leggenda”...ma rischiamo di ritrovarci soli
alla fine del cammino.
La nostra corsa - reale o metaforica - avrà un senso solo se
ricorderemo che ogni sguardo, ogni gesto “regalato” oggi a chi ci ama è una
meraviglia che brillerà nel cuore di chi ci attende...o ci sopravvive.
Buona estate e buone corse a
tutti
Cesare Garberi
***
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