Ed eccomi qui come di consueto immersa nelle mie riflessioni per rivivere la giornata di ieri vissuta con sentimenti ed emozioni contrastanti. Sì perché la Venice Marathon si è tramutata in una prova di sopravvivenza davvero dura. Quando ad una gara i partenti sono circa 8000 e i finisher sono solo 5900 vuol dire che qualcosa non è andato come doveva. Le condizioni avverse con pioggia battente e la bora che soffiava a 30 km/h sempre contro il nostro senso di marcia hanno reso questa maratona un suicidio.
Partita con entusiasmo perché grazie alla temperatura favorevole di 8 gradi le gambe giravano (finalmente) a pieno regime ben presto mi sono resa conto che correre con quel vento in faccia era come affrontare un percorso in leggera salita. Oltre a questa difficoltà la pioggia non dava tregua.
Ho già fatto due maratone ma affronto questa con tanta incertezza: non ho allenamento per una gara del genere
ho saltato i lunghi e nelle gambe non ho più di 22 kilometri. Ho paura di non farcela, di fallire come è successo a Lugano e a Carpi. Decido di ripetere il mio mantra “se vuoi puoi” perché ho bisogno di darmi fiducia. Ultimamente sono stata un po’ troppo dura con me stessa. Ho bisogno di riscattarmi, di rivivere il brivido di tagliare un traguardo, di ricredere in me. Per questo lotto contro le intemperie di oggi avanzando lentamente con le scarpe che ormai non ammortizzano più perché fradice, i piedi congelati, il corpo insensibile e i muscoli che diligentemente lavorano ma fanno male.
Al ventesimo kilometro nella zona di Marghera il vento spinge in una maniera incredibile ma io con la mia stazza riesco in qualche modo ad affrontarlo e in buone condizioni giungo a Mestre dove decido di incrementare un po’ la velocità di crociera. Piove fortissimo, per le strade poche persone osservano quei “pazzi” che stanno facendo la maratona e io sono una di loro. Mi sento bene, metto un po’ di musica nelle orecchie e proseguo allegramente. La maratona per me inizia al ventesimo kilometro e finisce al trentottesimo. Gli ultimi quattro kilometri li corri inebriato dal profumo di traguardo.
Mi dico che se arrivo al kilometro trenta è fatta! Corro tra pozzanghere infinite immersa nella “galleria del vento”. Ogni tanto una vocina fa capolino dentro la mia testolina “ma chi me lo fa fare??” “se mi ritiro pongo fine al supplizio del freddo e metto i piedi al calduccio” ma subito respingo queste tentazioni pensando che arriverò in fondo costi quello che costi in termini di salute e fatica. Sopporto bene il freddo solitamente ma qui si congela davvero! Per la prima volta in vita mia i miei kili di troppo mi fanno un gran piacere perché offrono un po’ di protezione in più. Vedo tante persone ritirarsi esauste e infreddolite. Io non posso permettermelo: devo arrivare in fondo! Se mollo non correrò mai più!
Parco di San Giuliano, trentesimo kilometro e la fatica c’è, la sento tutta nei quadricipiti congelati e ogni tanto cammino perché ho la sensazione che mi stiano venendo i crampi. Un maratoneta sa convivere con la fatica, si impara a gestirla al meglio ma oggi per me è davvero un’impresa ardua. Ci provo caparbiamente alternando tratti di passo a tratti di corsa ma avanzo. Vicino a me c’è Erica, alla sua prima maratona! Che prova dura sta affrontando!! Anche lei avanza a fatica ma non molla!! Sono commossa da tanta determinazione. Io e lei ci arriviamo a quel maledetto traguardo!!
La prova più dura è il ponte della Libertà al 35esimo km: impossibile fermarsi perché si rischia il congelamento, impossibile correre a causa delle fortissime raffiche di acqua e vento. Sono stanca, sfinita l’unica cosa che mi rimane è avanzare se mi fermo mi sento male. Piango, piango per il freddo, per la stanchezza perché voglio arrivare ma non ho più energie. Mi fa male lo stomaco, probabilmente è una reazione a questo freddo infame. Erica è accanto a me, mi sorride e soffre anche lei, insieme avanziamo in questo inferno che prima o poi finirà perché deve finire! La sua vicinanza mi dà un briciolo di forza, soffriamo insieme ma andiamo avanti che è la cosa più importante da fare.
Finalmente l’inferno del ponte finisce e si entra in Venezia…….. Anche con questo tempo avverso è una città meravigliosa e unica, sembra lo sfondo di una fiaba, il mare i palazzi e le imbarcazioni mi distraggono dai miei dolori e dalla sofferenza. Il passo si è fatto lentissimo inizia il su e giù dei ponticelli. Corro con accanto il mare agitato dal vento e il mio cuore si emoziona. Sento il suo profumo…..il ponte delle barche e poi San Marco. Il cuore scoppia di una gioia immensa. Sto piangendo, le lacrime si confondono con la pioggia, ormai mancano pochi metri, il traguardo è lì con un volo lo raggiungo. Ce l’ho fatta! Io che mi sono voluta così male in questi ultimo periodo, io così insicura, io vittima delle mie assurde paure, io così fragile e chiusa nei miei silenzi fatti di sfiducia in me stessa ho trovato la forza di superare questa prova difficile. Le braccia di Dario mi attendono aperte e mi abbandono ad un pianto sfrenato, la tensione si scioglie, il gelo se ne va dal cuore dalla testa e dal corpo. Piove e fa freddo ma per me c’è un sole accecante ora. Julia Jones mi abbraccia come si fa con i campioni, mi mettono la medaglia al collo. Com’è bella!!! Ho ripreso a credere in me stessa, nelle mie piccole ma immense capacità. Adesso mi sento tornata la “Donny” di sempre.
Il mio grazie di cuore va all'organizzazione impeccabile della Venice Marathon per averci aspettato proprio tutti e aver resistito ore e ore sotto la pioggia e il vento per presidiare percorso, ristori ecc., al gruppo su Facebook VPMéC che mi ha sostenuto e incoraggiato sempre, ai Podisti da Marte che ormai fanno parte di me e a Erica compagna preziosa di avventura.
Donata Casiraghi
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Dona sei riuscita a farmi piangere.
RispondiEliminaTVB
Roberta Capitani
E' vero, è andata proprio così Donata, il ponte della libertà è stato un inferno, lì credo di essere andato in ipotermia sul braccio sx, lì ero libero, lì ero solo con me stesso. quel traguardo con le mie figlie che mi sono sbucate fuori all'improvviso del tutto inaspettate e l'hanno attraversato con me, mi resterà per sempre. Siamo degli eroi. Dante Fagone.
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