La sera
prima. Sono invitato a cena. Tutti a avvocati tranne me. Il menu è sofisticato,
quello che conta, però, è una verticale di champagne. Non mi tiro indietro,
sarebbe scortese. Il padrone di casa mi riempie il bicchiere in continuazione.
Il perlage è eccellente, le bollicine sono piccole, delicate, salgono rapide in
superficie. Il quarto champagne è semplicemente perfetto. Poi c’è l’assaggio di
formaggi francesi, che accompagno con un Nebbiolo. Poi il dessert, una torta di
cioccolato con le fragole, che accompagno con un Moscato. Infine un doppio
Limoncello, ghiacciato al punto giusto. In sottofondo musica revival.
Ringrazio, stringo la mano ai maschi e bacio
le femmine. “Sentiamoci su
Facebook”. Alla una spaccata sono a letto. La sveglia del telefonino è puntata
alla otto e mezzo. La borsa è pronta. Alle dieci e mezzo parte la Salomon City
Trail Milano 2012. Cinque chilometri sparati, su e giù per la Montagnetta di
San Siro. Categoria quarantenni.
Il giorno
della gara. La sveglia suona alle otto e mezzo. Mi alzo, vado in bagno, mi
alleggerisco, mangio biscotti integrali e un po’ di frutta. Controllo la borsa.
C’è tutto. Decido di correre con la canotta del Road. Esco di casa verso le
nove. Al bar prendo un caffè e una brioche liscia. Niente bombolone, meglio
stare leggeri. Guido nella città deserta. Arrivo alla Montagnetta, smadonno un
po’ ma alla fine trovo un buco libero. Un appoggino davanti e un appoggino
dietro. La solita burocrazia pre-gara: il chip, il pettorale, le spillette, il
deposito borse, il nodo doppio alle scarpette da trail. Le solite facce
assonnate. Mi scaldo, sparo ©azzate con il Madesa, provo qualche allungo
sull’asfalto. La voce di Omodeo dice che manca poco. Vado alla partenza, scopro
di essere dalla parte opposta rispetto a tutti gli altri. Mi affretto, mi metto
in fila, abbastanza in fondo. Sparo ancora ©azzate con il Madesa. Saltello sul
posto. Ho le gambe dure. Lo sparo del via. Parto, il primo chilometro è quasi
tutto piatto. Al secondo si inizia a salire, tengo il mio ritmo, corro prudente
sebbene conosca la Montagnetta meglio del ©esso di casa mia. A metà gara
svernicio il mitico Ghido. Non mi è mai successo prima. Mi gaso e spingo
deciso. Duecento, trecento metri. Forse anche qualcosa di più. Poi,
improvvisamente, diventa tutto nero. Lo so, la riconosco: è la crisi. Tutto
nero. Quel sapore di ruggine in bocca. Inizia l’ultimo chilometro. “Forza
Road”, mi strillano Brillo e il Cippi. Ansimo. Arranco. Salgo lungo costa che porta
dal chiringhito all’anello alto. Passettini corti per non scivolare sull’erba
bagnata. È terribile, non finisce più. Mi odio, mi di detesto: “Sei un
©oglione, ti sei sparato una bottiglia di champagne, il rosso, il Moscato e poi
anche il limoncello… Sei proprio un ©oglione…”. Chiudo gli occhi, lascio andare
le gambe in discesa. La ghiaia schizza da tutte le parti. Si è strappato il
pettorale. Penzola. Cerco di metterlo a posto, il numero deve essere ben
visibile se no finisce che mi squalificano. “©azzo”, mi pungo con la spilletta.
Una curva a destra, poi una sinistra, sono sull’asfalto. Corro gli ultimi
trenta metri. Omodeo starnazza il mio nome, proprio il mio nome. Non quello di
un altro. Passo sotto il traguardo con il pettorale tirato su con la mano
sinistra. Il numero 64 si vede benissimo. Il cronometro segna 22 minuti e 49
secondi. Tolgo subito tre, quattro secondi perché sono partito dietro. Sputo
per terra, tossisco e mi metto a fare i conti. “Quasi come l’anno scorso…”,
però non mi viene la media al chilometro. Sopra oppure sotto i quattro e
trenta??? Ci rinuncio, continuo a tossire. Sono fradicio. Vedo una signora che
indossa la maglietta bianca dell’organizzazione. Mi rifila una bottiglietta di
plastica. La apro, bevo tutto l’Enervit che riesco a ficcarmi in bocca. Il
perlage è ottimo, le bollicine frizzano sulla lingua. Penso che ci vorrebbe del
sushi. Non lo so perché ma lo penso per davvero. E lo dico anche: “Mi scusi,
signora, dov’è il sushi???”. Proprio in quell’istante sento una voce. È roca,
profonda, impastata di fumo: “Ueé sushi…
Te ghé inscì da curr…”.
Ho partecipano con piena soddisfazione a questa gara, pur senza preparazione specifica sulle salite e senza scarpe da trail, che del resto non avevo mai corso prima d' ora, ma che ho scoperto che mi sarebbero servite per non "slittare"sulla ghiaia abbondante in discesa. Comunque sono arrivato al traguardo, come previsto tra gli ultimi, ma pienamente soddisfatto di quanto fatto. Ottima l' organizzazione, con gli spogliatoi e le docce del centro sportivo a disposizione, pure con un ricco pasta party. Senza poi contare la sacca di gara piena di prodotti e non da ultimo una bella canotta tecnica. Quindi che altro dire: al prossimo anno!
RispondiEliminaDanilo Arata