2 ottobre 2012

“Fisherman’s Friend Strongmanrun” ... not so Strong... - di L. Amisano

Fatta più di pre e post che di corsa in sé, mai presa per una vera gara, mai sentita in competizione, se non con certe mie “fifette”. L’altra volta avevo detto: ”Mai più”, invece mi sono iscritta, per lo stesso motivo per cui corro, o faccio molte altre cose: la socialità dell’evento. Sarà pur vero che io corro da sola, quando mi alleno, ma corro qui, e in altre simili occasioni, perché stare in compagnia di qualche dozzina di svitati, magari mascherati, sudati, puzzolenti e molto, molto sorridenti è, in fondo, ciò che illumina e scandisce il tempo.
Così a rieccomi a far finta di essere Strong. Millantatrice! Sapevo fin dal principio che c’erano molte più possibilità
di non finirla che il contrario, ma iniziare è sempre una certezza. Poi dove si arriva, si arriva. Tanto la cosa divertente non sarà mica tutto questo ballonzolare in giro, salutando con la mano, sorridere a tutti, dare il cinque col guanto giallo bagnato, gridare UH UH UH, come tanti cavernicoli usciti da un passato mai davvero sepolto, non sarà mica divertente prendere un sacco di pioggia sentendosi MOLTO strong perché tanto io son stata battezzata dal diluvio di Firenze, e quest’acquerugiola mi fa un baffo! E poi non mi diverto neppure un po’ quando c’è qualcuno che si mette addosso un vestito da supereroina, salvandosi le chiappe con qualche stellina di sartoria, la mia quasi sartoria. E mi annoio pure un po’ se poi ce ne sono centinaia di quei pazzoidi vestiti come imbecillotti, manica di fulminati, fuori come balconi, com’é che si dice in questi casi? Pazzerelli... sciroccati, eh no! Una vera noia, un tedio mortale. Mica è per questo che si va alla Strongman. Ma neppure per tutti i marziani più o meno noti, più o meno “nuovi”, di cui ricorderò i nomi e li abbinerò ai visi, forse, fra un altro paio di strong-trasferte. No, io alla Strongman ci sono andata per qualche altro motivo.
Mentre pronuncio frasi come “Mi raccomando ragazze, tutte unite”, o anche “bambocce non così forte” perché le puledrine son già scattate avanti, io so, so già, che resterò indietro, perché a me non frega nulla andare forte, a me interessa godermi il viaggio, quello interiore. Faccio persino finta di incoraggiare la giovane WW, dicendole che due giri sono fattibili, eh già che lo sono! basterebbe volerlo sul serio. Comunque mentre lo dico, lo penso davvero, e provo persino a convincere me stessa. Rovereto mi ha intrigata meno della precedente – Thun - perché il lato strong per me è il fango... il freddo, e sporcarsi TANTO... a ‘sto giro ne sono uscita lavata e stirata, e non avevo neppure freddo... Ma quell’essere strong lì è la parte visibile e ridanciana, essere strong davvero, in modo invisibile, ma che mi avrebbe riempita di orgoglio, del tutto personale e non condivisibile, figuriamoci a parole, per me sarebbe stato salire un muro di legno di due metri e scavalcarlo, e ricadere sulle balle di fieno. E invece lì io ho fatto un bel click, senza patemi, ma click, e sono uscita, pettorale giù (perché è un bel gesto simbolico che apprezzo negli altri e compio anche io – adoro i simboli) e fuori dal percorso. 
Mentre penso al perché sono uscita e mentre immagino di tornare indietro, riattaccare il pettorale e superare quel muro, sembra quasi che potrei davvero farlo. Ma poi proseguo, tranquilla. Io non sono strong, e non mi importa esserlo, sono solo una a cui piace correre in allegria, con gli amici. Magari mi alleno da sola, come mi sono ritirata da sola, perché quei momenti lì sono solo tuoi, sono intimi. Ma quando c’è da fare i pirlotti io ci sono sempre, presente in prima fila: mi faccio sollevare con tutti i miei ... tanti chili (vi dico l’età piuttosto, ma il peso no ;) dalla meravigliosa Cristiana, campionessa di sollevamento pesi (stikazzi, mai conosciuta una), e mi dipingo la faccia di rosso, vedendo bene di far cadere il trucco rosso, non mio, nel lavandino, in un nano secondo; indosso occhiali improbabili, guanti di tre misure più grandi - ma io li volevo gialli - e sono molto fiera delle ragazze che i due giri se li son fatti davvero, mi sento molto “sorella maggiore”, chissà perché, che gioisce del successo delle sorelline; e poi tracanno birra, una dopo l’altra, e mangio salamelle (i chili da qualche parte devono pure venire...), e abbraccio marines, e sto in fondo al pullman, a mangiare pane e salame, e bevo vino (ragazzi che miti i marziani “da vino” e “da salame” – con il tagliere), e poi saluto un nuovo marziano, che salta su e giù dai pullman, come fosse uno sport anche quello: “ciao Bergamooooo”, come se lo conoscessi da sempre, e lo so bene che a volte sono un po’ ridicola, ma che mi frega?  La cosa più bella è che so di essere ben accompagnata, perché poi mi guardo intorno e loro sono come me, fanno le stesse cose che faccio io, e sembrano divertirsi e godersela, come me, e se ne sbattono, come me, di essere buffi. 
Quando mi resta una mezz'ora di autonomia, prima di crollare sfinita, capisco che il bello del viaggio è la sua brevità, sapere che deve finire lo rende migliore, perché uno poi è contento di essere lì, con quelle persone lì, a fare quelle cose lì, proprio lì, finché ce n’é. 
“Capitano, non abbiamo fatto neanche una foto tutti insieme” e la pioggia si è fermata e la foto l’abbiamo fatta, alla fine... Perché la foto tutti insieme è il rito di passaggio tra il sogno e la realtà... Perché le cose belle, per restare tali, devono avere una fine, che lasci una lieve nostalgia, e una foto registra le sensazioni di un momento. E poi tornare a casa.
Come mangiare una torta, che l’ultimo pezzo è sempre il più buono. Tanto poi ce ne sarà un’altra. ;)
Laura Amisano
>>>TUTTE LE FOTO>>>
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1 commento:

  1. Ieri sera stavo facendo la pasta, il tempo di cottura era finito...ma non potevo staccarmi dalla lettura delle tue emozioni...sono anche le mie:
    ho mangiato la pasta stracotta, ma chissene, mi sono addormentata avvolta da una sensazione di ''abbraccio sorelloso'' e svegliata con un sorriso felicissimo!
    E grazie del super trucco pre Strong <3

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