21 marzo 2012

18.03. 2012 Maratona di Roma - Roma, Roma…di L. Amisano

Roma, Roma…
La mia storia di maratoneta è breve, sono alla quarta. Roma è l’allenamento e la prova della Milano City Marathon, e quindi a me importa finirla bene, se possibile rispettando il programma. Sono concentrata solo su questo pensiero. Sono sola, e questa è una prima volta, ma non ho né paura né altro. I miei compagni di chiacchiere stavolta sono dei perfetti sconosciuti e condividono quel quarto d’ora al bar, per la colazione, o quei dieci minuti in metropolitana, mentre si va all’appuntamento.
La mattina mi ha portato due lacrime, perché mi sarebbe piaciuto l’incoraggiamento dei miei ragazzi, invece non l’ho avuto.  Troppo giovani, penso. Allora non mi resta che uscire, e cercare di trovare i miei amici…
Incontro Michela, e Stefano, trovo il Capitano, più folle che mai, facciamo le foto con il “lato oscuro” e ci facciamo quattro risate, arriva Andrea, arriva Peppino. Il mio pensiero è solo per Ylenia per ora,  la cerco, la incontro, mi dice: ”Finalmente un viso amico” lo so cosa vuol dire, lo provo anche io questo, per motivi diversi, cercavo visi amici, e li ho trovati. La troupe, Ylenia, il film, Fabrizio, arriva Ciappina (grandissimo Mercurio dal piede alato, alfiere degnissimo). Siamo tutti insieme, a dire cavolate ad abbracciarci. È una sensazione molto bella, anche di pace, di quiete. Si va, si entra in griglia, pianissimo. Incrociamo un’altra troupe, una ragazza americana, molto bella, tutti molto “americani” thinking positive, bello bello, Ylenia parla in tutte le lingue, tedesco, inglese, è stupefacente la sua forza, il suo coraggio e di più ancora il suo meraviglioso sorriso. Gli occhi hanno dentro un dubbio, ma le braccia pelose del Capitano la stringono, le sue mani la guidano…
C’è Igor, arriva il grande Brisk, lo abbraccio forte forte… amico. Che bello partire insieme. Ci sono i pagliacci, fanno tutti un gran baccano. È tutto così commovente. La musica, canzoni romane… Dean Martin canta That’s Amore, e poi un’altra tipica, che non  ricordo. Noi lo sparo non lo udiamo, ma quando si inizia a camminare più in fretta, è chiaro che stiamo già “correndo”.
Chiedo a Ciappina: “è quello lo start?” perché non capisco se l’arco che sto per superare sia quello con il tappeto blu, ma poi lo vedo il tappeto, allora pigio il mio tastino Garmin, e parto.
Lascio tutti avanti a me. Questa la corro da sola.
La tabellina del sette
“Ti proibisco di andare più veloce di sette minuti al chilometro…”  non devo sapere altro. Tanto i primi tre sono lentissimi. Ecco, ci sono, sto correndo.
Non so come definire la prima parte, è stata facile, piano piano avanzo, e guardo il Garmin fin troppo spesso, ma questo passo da tenere non è il mio, devo curare me stessa. Sulle discese tiro il freno, sulle salite penso ciò che la mia amica Laura pensa – la salita si aggredisce – e io lo faccio. Sto benone. Fino al quinto moltiplico, calcolo, ma non è la mia natura, sono sopra di 41 secondi, poi 24, poi 21, va bene così, ma al sesto smetto, è troppo complicato fare le moltiplicazioni correndo, al decimo ci ripenserò…
Al settimo chilometro una signora davanti a me inciampa e cade, mi fermo, la aiuto ad arrivare allo spugnaggio, è un pochino spaventata, ripete: “Non ho reagito, non ho reagito…” la tengo stretta a me, per tenerla su… però sta bene, la lascio ai ragazzi delle spugne, mi dice che sta bene, le fa male il ginocchio, ma non c’è sangue… proseguo, contenta.
Però, per stare in media, mi toccherà una piccola accelerazione, così al nono spingo un filo, la pubalgia ancora tace, sopita, uso i muscoli posteriori, glutei, cosce, penso di escludere dalla spinta quelli davanti, ci provo. Psicologicamente mi aiuta “credere” che sia possibile farlo, mi fa sentire che sono io che controllo, e non loro. La bandierona del decimo è lì, e io trotto per stare in media… sono sopra di un minuto, ma pazienza…  l’umiltà di andare piano e non fare “la figa” è proprio qui. Sto imparando la lezione.  Rinuncio alla media… se tengo il ritmo avrò perso un minuto, più quelli della signora caduta, e della sosta “tecnica”… va bene così. Lascio indietro la ragazza bella americana, ci salutiamo, e io filo via (per modo di dire), lei ha un passo saltellante… mmmhhh, mi lascia perplessa.
Come sempre, quando corro, penso ai chilometri da fare, e mi chiedo se ce la farò. Sono tanti, tantissimi. Ma scorreranno via… Dopo il decimo mi rendo conto che ora viene il lavoro di “mantenimento” , devo solo continuare così… tengo un passo fra 6,30/km e 6,53/km, mi aiuterà a recuperare i metri dei ristori  che faccio camminando, per poter bere senza strozzarmi… non è il caso di eccitare i miei bronchi con la tosse.
La mezza maratona mi sembra un miraggio, ma rivedo un signore con la magliettina verde con scritto Colombia, che avevo perso al quindicesimo,  al ristoro. Ottimo, lui diventa il mio riferimento…
Alla fine lo supero, e vado via per la mia strada. La gente inizia a camminare… la cosa che mi aiuta è che i ristori sono dopo i tappeti dei controlli e che, passati quelli, il chilometro successivo arriva in un baleno, perciò le mie tappe sono sempre di quattro chilometri, non cinque. Quattro maledetti chilometri, si fanno! Avanti, sempre avanti. Al venticinquesimo le gambe mi dicono parolacce… ho un po’ paura, che la testa non tenga. Scaccio tutto, scaccio quell’8 che vedo sul Garmin, lo mando via con un colpetto di piedini, scaccio la paura di aver paura, di fermarmi. Non mi fermerò. Questa volta non lo faccio. Un meraviglioso momento di forza psichica mi fa galoppare per un po’… davvero, la testa fa dove il corpo cede. Non sembro io, non è che stia andando forte, ma sto mantenendo il mio passo, tra 6,22/km (non ditelo al Bigno ;) e 6,55/km…
E così via… fino al trentesimo, e nessun muro mi dice stop, mai incontrato muri… allora l’unico pensiero è: “Ne mancano solo dodici, solo dodici, non sono niente… dodici chilometri, non sono niente, sono due volte sei, se andassi a 6 al chilometro, li mangerei in un baleno, ma anche così, se po’ fa’!
Il sottopassaggio è stato l’unico momento di panico, perché mi ricorda troppo da vicino quelli di Parigi dove sempre io cammino, la testa dice “cammina” ma io non voglio… faccio pochi metri camminando e poi riparto, maledetto sottopassaggio di merda.
E avanti, avanti… Non so quando sono iniziati i sanpietrini, tanto lo sapevo che ci sarebbero stati, all’inizio non mi avevano dato noia… ora sì. Li sento tutti, uno per uno, ma siccome ero pronta a loro, ci zompetto sopra, in allegria. Davvero, sono troppo contenta, e qui si compie la fine della mia maratona, dal trentacinquesimo in poi, l’unica idea è: “Adesso accelera” … le gambe fanno malissimo, la pubalgia ancora bisbiglia appena, non ho crampi, non ho niente salvo la normale stanchezza da maratona, sto bene, e allora vado… fanculo ai sanpietrini, le salite si aggrediscono, il vento contrario mi fa accelerare, lo taglio, lo sfido. A momenti il Garmi mi dice 5.30, allora mi do una calmata, allora scendo a 6/km, e scendo ancora… non voglio mica buttar via tutto, so di essere sopra le cinque ore, ma so che non lo sono di tanto. Ho un gap di 7/9 minuti sullo sparo, gioco su quello. I monumenti meravigliosi mi scorrono a fianco e mi salutano, e la bellezza mi sostiene… che bella città in cui correre! La gente ci esorta, sono carini… in tanti mi hanno dato il cinque in questa corsa, e da tutti ho assorbito energia. Grazie romani, e turisti, grazie di cuore.
Arriva il salitone, arranco, ma non mollo, il respiro mi sostiene, le gambe mi maledicono. Fa un male cane. Ma non mi fermerò, penso - Amisa’, toglitelo dalla testa, te non ti fermi – me lo ripeto…
E conto, conto, la cadenza del respiro diventa 1,2,3,4,5,6 e ancora 1,2,3,4,5,6 e di nuovo 1,2,3,4,5,6… cazzo conto? Non lo so, conto il mio respiro. Sale maledetta, sale. Mi ricordo i racconti di chi corre che narrano di salite e discese e della sensazione di riposo che si prova scendendo, adesso so cosa sia. Le discese le faccio a 5,30… (coach, chissenefrega!), poi decelero, e via. A questo punto dovrei essere a -4km, invece no, il 38 chilometro non arriva mai, dove ho sbagliato? Che succede? Lo passo, alla fine, e via, salitella, sanpietrini, smadonnamenti, un sacco di male. Ma una freccia per terra fatta col gesso dice 39… benedetta!
Insomma, quando arrivo al 41esimo, non me lo aspetto, il Garmin si è perso via, e la scritta ULTIMO KM è meravigliosamente vicina. Ecco… non sia mai fare il solito pensiero del cazzo: ”cammina un momento così fai un arrivo degno”… non cammino (taci bastardo pensiero!), sono schizoide…
Non cammino… negli ultimi chilometri incoraggio alcune ragazze, una con la magliettina “prima maratona” un’altra di colore, che arranca con una benda al ginocchio (la rivedrò all’incisione medaglie e le farò mille complimenti), una signora col nome sulla schiena… mi sembra giusto, per me che ancora corro, dire a loro che stanno camminando “forza, dai che è finita” tante volte lo hanno detto a me, tante volte è stato il modo di rimettermi a correre, sono grata e rendo il favore.
Ecco… la bandiera marziana è fuori, la sventolo accanto al pettorale, e sorrido, sorrido, non smetto di sorridere, sono troppo contenta di questa bellissima gara. Al 42esimo tiro su il mio bandierone e filo, per quel che le gambe mi concedono, e senza eccitare il crampetto che si sta facendo sentire, e passo il traguardo… giù la bandiera, fermo il Garmin…
Va tutto bene…  e il sorriso degli amici mi restituisce il mio…
È stato bello, grazie Roma.
È stato un viaggio dentro di me, la ricerca dell’energia e la soddisfazione nel trovarla, la ricerca del controllo e la gioia di averlo, la conferma della forza della mente su ogni altra cosa. Ho fatto click, da qualche parte, ho imparato a interpretare una gara con l’umiltà di eseguire e sgarrare solo un pochino, di non volere a tutti i costi qualcosa, sapendo che tanto poi viene, se si fanno i compiti. Non ho fatto esattamente ciò che dovevo, perché sono andata sopra le 4 ore e 55 minuti previsti, ma se non merito un 10, sono certa di meritare almeno… un 7
Laura Amisano
***

3 commenti:

  1. OTTIMA GESTIONE DELLA GARA direbbe il mio Coach! Brava la mia marziana preferita!! Sempre vincente!

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  2. Cronaca di una gara molto coinvolgente...

    Grande Laura!

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