28 giugno 2013

Lago d’Orta Night Run – la corsa dei cinque sensi, di L. Amisano

Faccio fatica a correre, da un po’, per un motivo o quell’altro ho sempre qualcosa che mi ferma, mi rallenta, mi fa male o mi impedisce del tutto di praticare senza crucci questo sport. Eppure correre in teoria mi piace, mi chiedo se sia la mia mente a far dire stop al mio corpo, per qualcosa che non si adatta bene a questo fisico, tutt’altro che asciutto, tutt’altro che sportivo.
L’altra sera però sono andata sul Lago d’Orta, a correre. Una non competitiva (si fa per dire) di 14,5 km, tutto intorno al lago. C’era luna piena.
Si è trattato di risvegliare tutti e cinque i sensi, perché al buio la vista serve molto meno dell’udito, dell’olfatto e del tatto.
La vista: nonostante la torcia in fronte, non è che si potesse davvero vedere dove si andava. Quel tondino di un metro di diametro basta giusto a individuare le radici tinte di arancio fosforescente dai bravi organizzatori. Certo, gli occhi li strizzi
un po’, ma poi, in fondo, ti lasci solo guidare dall’istinto. Gli occhi li usi quando ti volti verso il lago, o quando alzi lo sguardo sulla Luna, per ammirare lo spettacolo impagabile di una notte lucida di lago, punteggiata dalle luci delle case sulla riva, giù in basso, con il riflesso del nostro satellite che si tuffa nell’acqua nera.
L’olfatto: perché di notte le piante copulano, perché il bosco odoroso circonda il viandante (ah ah, corrente), perché senti l’olezzo di Madre Natura che ti avvolge e risponde a un bel po’ di domande, su quasi tutti gli argomenti difficili della vita.
Il tatto: non con le mani lo usi, ma con i piedini, calzati di gomma, che devono sentire le asperità del terreno, devono reagire alle buche invisibili, devono allargare le dita per mantenere l’equilibrio, sentono i sassi, sentono le radici. Neppure se avessi i piedi nudi la pianta dei tuoi piedi sarebbe più sensibile. Senti i tendini che ti garantiscono equilibrio, senti i muscoli che rispondono alla discesa, senti tutto, perché al buio il corpo è più sveglio specialmente se corri veloce lungo un sentiero largo mezzo metro.
L’udito: il lago tace, nel buio, allora puoi sentire i passi di chi arriva alle tue spalle, quando corri solo nel bosco, quando si spezzano i rami sotto i piedi. Ma hai sentito prima lo speaker, hai ascoltato gli amici, hai udito la tua voce parlare, parlare, parlare… Solo il silenzio della corsa solitaria ti restituisce il tuo respiro, cadenzato.
Poi, a fine gara, è bello scambiare due parole con una ragazza che compie gli anni, che festeggia così, che si chiama quasi come te.
Il gusto: si mangia solo alla fine, e qualunque cibo sembrerà ottimo, ma questa volta la pizza era davvero deliziosa, la frutta un toccasana, la cola mai tanto gradita. Ma le papille erano già state eccitate dal sapore della selva, dal gusto dolce e fresco dell’aria che entra nei polmoni attraverso la bocca, dal salato delle labbra imperlate di sudore.
Una corsa, la notte, risveglia i sensi: ha risvegliato la gioia di correre solo per me, sola, al buio, senza mai temere nulla, sapendomi protetta, accudita, seguita. Sentendomi un po’ selvaggia in un ambiente tutto sommato protetto, e recuperando il piacere del momento di raccoglimento che è per me questo sport.
Non mi importa quanto impiego, arrivo sempre in fondo, non mi importa nulla, lasciatemi correre ancora al buio, sola, con la Luna e il lago.
Poi gli amici li si ritrova, ma il gesto di correre è solo mio.
Laura Amisano
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