16 aprile 2015

Milano Marathon - "Doveva essere la maratona del sorriso...", di S. Pascarella

[ FOTO ] - Doveva essere la maratona del sorriso, considerata la presenza in qualità di testimonial e di staffettista di Haile Gerselassie, per me è stata quella della sofferenza, ma penso per molti che – come me – si allenano poco. Sofferenza fino a un certo punto, perché poi ho cominciato a camminare. Ma non mi arrendo. In barba a tutti quelli che fanno discorsi tecnici, corrono con il cronometro in mano e non sballano una virgola dai programmi, io ho corso la maratona a Roma, ho fatto Milano e il primo maggio mi cimenterò in quella del riso di Santhià-Vercelli perché voglio fare compagnia all’amico Rinaldo Francesca che mi sta tenendo al corrente, giorno dopo giorno, dei chilometri che macina mentre io ho ripreso oggi a corricchiare, senza troppo impegno. Continuo nel racconto autobiografico per dire che il giorno della maratona in metropolitana – guarda il caso – ho incontrato Bruno Arcuri
che correva, come me, al campo Speroni quando avevamo vent’anni. Risate e ricordi. Uno soprattutto: “Ma tu non odiavi tutti quelli che correvano più di dieci minuti?”. Sì, è così, ero un velocista, anzi un ostacolista e li chiamavo calabroni perché viaggiavano a sciami. Ora lo sono anch’io con la differenza che vado molto più piano di loro. Una cosa mi consola. Venerdì sera ho conosciuto Enrico Arcelli, un guru dell’atletica, mi ha detto che anche lui è nato come velocista. Poi si è preparato per la maratona e ha corso forte, sotto le tre ore. Chissà che un giorno ci riuscirò anch’io. Chiusa la parentesi personale che interessa pochi. Volevo parlare della maratona di Milano visto che l’ho vissuta molto da vicino perché venerdì sono andato al parco Sempione insieme a Gebre – sì proprio lui – per una sgambatina e alcune considerazioni sul percorso e sul futuro della specialità (ha detto che tra quindici anni ci sarà qualcuno che andrà sotto le due ore). Poi domenica ho fatto parte del gruppone che ha potuto sperimentare questa nuova edizione della 42 chilometri di Milano. In partenza siamo – io e altri due amici – entrati in gabbia uno con i big perché ci hanno fatto passare. Poi, temendo di essere travolti, siamo andati più indietro. Ma non è che i controlli fossero un granché. La corsa è andata via bene e ha smesso i panni di maratona del sorriso solo in prossimità del parco di Trenno quando ho assistito ad alcune scene abbastanza forti con automobilisti che sgasavano e strombazzavano apposta perché stanchi dell’attesa e maratoneti che andavano giù pesanti con le parolacce. Non mi è piaciuto né il comportamento degli uni, né degli altri. I problemi maggiori di questo tipo sono stati circa dai chilometri 27 al 32, poi tutto abbastanza tranquillo, anzi c’era tifo nelle parti centrali. E questo è stato bello. Così come il red point della Enervit in un’atmosfera lunare ma lì io ormai andavo già al passo. Il confronto antico-moderno è stato comunque suggestivo. Qualcuno si è lamentato per i cambi delle staffette, ma la vera critica (secondo me) è una sola. Perché si paga il biglietto della metropolitana nel giorno della maratona? Tutti dovrebbero essere incentivati a usare i mezzi pubblici, tanto più quelli che vengono dal resto d’Italia e anche dall’estero per un giorno solo, per dare il proprio contributo a una festa che va ben oltre i semplici contenuti sportivi. Non è un bel segnale di civiltà per Milano che pensa di essere così moderna e intelligente. Potrei fare tanti paragoni (Roma, ecc) me ne viene in mente uno. Io tutti gli anni vado al meeting di Golden League a Montecarlo con Teo Raimondi, Ale Marzola e gli altri, lasciamo l’auto nell’autosilo coperto al prezzo di un paio di euro al giorno. Proprio in quell’occasione la città abbassa il prezzo che, altrimenti, per un’intera giornata, sarebbe esorbitante. Ecco, in Italia, magari, l’avrebbero alzato sapendo che nel giorno del meeting arriva tanta gente. Il risultato sapete qual è: al meeting di Montecarlo cerco di tornarci sempre da almeno vent’anni (forse trenta) a questa parte, alla maratona di Milano ci penserò su. Perché perdersi in questi particolari?  Mistero italiano.
Silvestro Pascarella

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